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Ragusa. Agricoltura, “sotto-salario e sfruttamento”

“Il sotto-salario e lo sfruttamento lavorativo in agricoltura  e gli interventi occorrenti”. Questo il tema della nota inviata da Flai Cgil, attraverso il rappresentante provinciale Salvatore Terranova e quello siciliano, Tonino Russo.

“Un problema – spiegano i rappresentanti sindacali – che va risolto una volta per tutte, prima che sia troppo tardi, o meglio prima che interventi di altra natura, più invasivi e massicci, mettano a soqquadro quella che nel nostro territorio viene ancora considerata una impalcatura produttiva eccellente.

Il rischio, infatti, è proprio questo. Se la realtà che abbiamo davanti non verrà modificata e migliorata con la volontà e le risananti prassi delle aziende medesime non sarà difficile prevedere, nei prossimi anni, l’indebolimento del tessuto produttivo per azioni repressive e di sequestro che verranno dall’esterno, dalle istituzioni, per colpire e debellare fenomeni gravi legati allo sfruttamento e la sicurezza dei lavoratori, fenomeni che – purtroppo- tenderanno ad aggravarsi e possibilmente ad incancrenirsi man mano che aumenterà la manodopera agricola proveniente da paesi-terzi. Nel nostro territorio ragusano – proseguono i sindacati –  si è ormai arrivati ad un bivio: o le aziende si pongono in un piano di aperto e trasparente confronto ammettendo di essere esse causa e parte di un problema serio e, per alcuni versi, devastante, che va risolto, o pensiamo che ciò potrebbe offuscare indelebilmente la storia socio-economica locale di questo scorcio di Sicilia.

Appare, pertanto, inevitabile il fatto che devono essere le aziende stesse (quelle medio-grandi) a fare la propria inevitabile ed imprescindibile parte, quella di parte attiva all’interno di un processo collettivo di rinascita di un settore, che non può continuare ad essere oggetto di stigmate sociali e che, invece, deve iniziare con una operazione di consapevolezza pubblica degli imprenditori, ammettendo le aspre criticità che si annidano nelle loro aziende e aprendosi al raggiungimento di obiettivi di sano, vero e civile rispetto della manodopera agricola.

È chiaro ed inevitabile un fatto: per avviare e realizzare, oltre all’auto-ruolo delle aziende, pensiamo debbano essere le istituzioni a dover creare il necessario contesto per esperire e appoggiare questo processo molto delicato e difficile, ma che – invero – rappresenta l’unica strada per raddrizzare modalità di rapporti di lavoro che vengono determinati più dal volere imprenditoriale che dai contratti. Beninteso, un contesto che viene messo su non per punire, ma per determinare un “mood” retributivo e di utilizzazione del bracciante che abbia nella legge e nei regolamenti l’unico fondamento. Lo sforzo deve essere incentrato su questo – concludono i rappresentanti Cgil – e la nostra speranza è quella che le istituzioni su questo aprano veramente un solco di innovativo aiuto per rinnovare veramente la produzione agricola e la filiera ad essa collegata”.

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