Sessanta giorni per il deposito della perizia che punta a fare luce sul delitto del 57enne cuoco modicano Peppe Lucifora che il 10 novembre del 2019 venne ucciso nella sua abitazione di largo XI febbraio a Modica. Stamattina, nell’abitazione sigillata da quella data, hanno avuto accesso il Ris dei carabinieri di Roma, con il maggiore Cesare Rapone, nominato dalla Corte d’Assise di Appello di Catania, i consulenti della difesa, il medico legale Maurizio Saliva e il biologo ed ex comandante del Ris di Parma, generale in congedo Luciano Garofano, e il Ris di Messina consulenti della Procura di Ragusa, con il tenente colonnello Carlo Romano e il maresciallo Doriana Mangiaracina.
Il nuovo accesso ha origine dall’appello promosso sia dalle parti civile rappresentate dall’avvocato Ignazio Galfo del Foro di Ragusa, sia dalla Procura di Ragusa guidata da Fabio D’Anna (indagini seguite dal sostituto procuratore Francesco Riccio) contro la sentenza di assoluzione con formula piena dell’ex carabiniere Davide Corallo 32 anni, unico indagato per l’omicidio del cuoco Peppe Lucifora. Corallo che passò in carcere quasi due anni, era stato assolto per non avere commesso il fatto, in primo grado e con rito abbreviato, con la pubblica accusa che ne chiese invece la condanna a 16 anni. Un delitto passionale, era stata una delle letture dell’omicidio in ambienti omosessuali.
Lucifora, impiegato all’Azienda sanitaria come cuoco, era un personaggio eccentrico e molto conosciuto a Modica; faceva lo chef a domicilio ed era tra gli animatori della festa religiosa di San Giorgio di cui era fervente fedele. Il suo corpo privo di vita venne ritrovato chiuso a chiave in una stanza della sua abitazione.
Un processo indiziario che avrebbe avuto proprio nella compresenza di tracce di sangue di Lucifora e di Dna di Corallo, presenti nella corona dello scarico del lavandino del bagno, un punto dibattuto tra accusa che lo riteneva prova della presenza di Corallo in quella casa in orari compatibili all’uccisione di Lucifora, e della difesa di Corallo che con gli avvocati Orazio Lo Giudice e Piter Tomasello sosteneva l’inattendibilità scientifica della “datazione” del reperto in questione. E ci sarebbe stata poi, anche la presenza di molte tracce biologiche, tre delle quali appartenenti a soggetti non identificati.
L’oggetto dell’accesso di ieri sarebbe incentrato su due ambienti: la stanza da letto e il bagno. Cosa stanno cercando i militari del Ris? Tracce biologiche nel sifone, questa volta, del lavandino, sulle maniglie della porta e sugli oggetti che sono stati trovati sul letto. Molte tracce dattiloscopiche erano state già evidenziate ma non erano prelevate cosa che verrà effettuata oggi.
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